Marzo 2016

Applicazione del laser nello sbiancamento dentale: “revisione della letteratura”.

Mohammadi Z, Palazzi F, Giardino L. Laser application in tooth bleaching: an update review. Minerva Stomatol. 2011 Apr; 60(4):167-78.

Il concetto di “emissione stimolata di energia radiante”, base fondamentale della moderna fisica del laser è stato discusso in letteratura nel 1917 da Einstein. La stimolazione di microonde all'interno dello spettro elettromagnetico è stata realizzata per la prima volta grazie all’applicazione dei principi della meccanica quantistica ed   alla fabbricazione di “risonatori ottici”. La dimostrazione della possibilità di riprodurre l’emissione stimolata di energia radiante sotto forma di fotoni nelle porzioni dello spettro degli infrarossi e del visibile (ottico), ha rappresentato un momento fondamentale nello sviluppo del laser. Il primo laser è stato realizzato sfruttando un cilindro di rubino sintetico: l’eccitazione delle molecole del mezzo veniva indotta da un intenso flash luminoso generato con una lampada a scarica. Javan, Bennet e Herriot utilizzando una miscela di Elio (He) e Neon (Ne) hanno prodotto il primo vero laser ad emissione continua (LASER “He - Ne” 633 nm).

Molti di questi primi ricercatori hanno utilizzato il “laser a rubino” per esplorare l'interazione tissutale con smalto e dentina in quanto il rubino sintetico rappresentava l’unico materiale utilizzabile di routine al momento come mezzo attivo nei laser. Le possibili applicazioni del laser a rubino in odontoiatria sono state indagate per la prima volta da Stern e Sognaes e da Goldman et al. Dopo le sperimentazioni iniziali con il laser a rubino, i clinici hanno iniziato ad utilizzare altri tipi di laser, argon-laser ( Ar ; 514 nm), laser ad anidride carbonica ( CO2 ; 10.600 nm), al neodimio: ittrio-alluminio-granato (Nd: YAG; 1.064 nm) ed all’ Erbio (Er): YAG (2.940 nm) .La prima applicazione del laser in endodonzia è stata proposta da Weichman e Johnson, sigillare in vitro il forame apicale per mezzo di un laser infrarosso (CO2) ad alta potenza. Sebbene il loro obiettivo non fosse stato raggiunto, dati interessanti e sufficientemente rilevanti vennero ottenuti perchè fossero incoraggiati ulteriori studi. In seguito ulteriori tentativi di sigillo del forame apicale vennero eseguiti con laser Nd: YAG. “LASER” è un acronimo inglese di “Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation” (ovvero Amplificazione di Luce tramite Emissione Stimolata di Radiazione). La luce laser è composta da onde elettromagnetiche aventi un unica lunghezza d’onda di emissione ed è generata dall’uomo attraverso l’emissione stimolata con un singolo fotone. Quando un atomo eccitato viene stimolato ad emettere un fotone, prima che il processo si verifichi, si realizza spontaneamente il processo di sviluppo della luce laser . L’emissione spontanea di un fotone da un atomo stimola il rilascio di un fotone successivo, e così via. La luce laser è di lunghezza d'onda unica (monocromatica), è collimata (divergenza molto bassa) e coerente (fotoni in fase). I “laser “ possono concentrare l'energia luminosa ed esercitare un effetto potente, incontrando un tessuto ad un livello energetico molto inferiore a quello della luce naturale. La lunghezza d'onda del fotone emesso dipende dal livello energetico dell'elettrone al momento in cui il fotone viene rilasciato. Quando i livelli energetici degli elettroni di due atomi identici sono identici, identiche risulteranno anche le lunghezze d'onda dei fotoni rilasciati. Le caratteristiche di un laser dipendono dalla sua lunghezza d’onda. Le lunghezze d'onda emesse nella porzione ultravioletta dello spettro elettromagnetico sembrano essere promettenti per ciò che concerne la loro potenzialità di applicazione in endodonzia. Sembra che il laser più indicato ed efficace nel garantire una selettiva rimozione di residui pulpari necrotici dal canale radicolare e nel contempo lasciare le superfici dentinali dell’endodonto fuse e quindi lisce e prive di crepe o fessure è il laser ad eccimeri ArF (193 nm). Inoltre, il laser ad eccimeri XeCl (308 nm) può determinare la fusione della dentina ed obliterare i tubuli dentinali. L’interazione del laser con un tessuto può avvenire in quattro modi diversi: i fotoni possono essere trasmessi attraverso il tessuto, riflessi o assorbiti dal tessuto o dispersi all'interno del tessuto. L'assorbimento dei raggi laser da parte dei tessuti è dovuto principalmente alla presenza in essi di proteine, pigmenti e molecole d’ acqua libere. Il coefficiente di assorbimento dipende fortemente dalla lunghezza d'onda dell’irradiazione laser in entrata. L’assorbimento da parte delle molecole d'acqua svolge un ruolo importante nelle interazioni termiche. Il coefficiente di assorbimento (α: cm-1) per l'acqua è di 860 per il laser CO2 (10,600 nm), 0,00029 per il laser ad argon (514 nm), 0,020 per il laser a diodi (800 nm), 0,61 per il laser Nd: YAG (1,064 nm), e 12.000 per Er: YAG (2,940 nm). L'effetto sbiancante ottenibile in seguito all'utilizzo del “laser” si realizza per effetto di un processo di ossidazione chimica. Quando l'energia laser viene applicata, il perossido d’ idrogeno (H2O2) si scinde in una molecola d’acqua (H2O) ed in un radicale libero dell’ossigeno capace di combinarsi con le molecole della sostanza pigmentante, rimuovendole. Il passo più importante nel processo di sbiancamento laser-assistito è l'isolamento e la protezione dei tessuti molli dal H2O2 e dai catalizzatori autorizzati. In primo luogo, andrà posizionato un divaricatore per le guance, applicando successivamente una cera speciale chirurgica a copertura dei denti superiori e del tessuto gengivale; i denti vengono quindi esposti, uno ad uno incidendo la cera lungo il margine gengivale con uno di strumento tipo cleoide-discoide. Dopo aver completato tale procedura per entrambe le arcate superiore ed inferiore, un nuovo gel protettivo per le mucose verrà applicato a protezione della mucosa vestibolare e delle labbra. L’isolamento verrà quindi completato con rulli salivari di cotone idrofilo, garze sterili 2 x 2 , un protettore per la lingua ed una cannula aspira-saliva. Inoltre, il mento sarà coperto, gli occhi protetti con occhiali fotoprotettivi color arancio ed il collo così come gli abiti del paziente verranno protetti con una mantellina protettiva in plastica. Jones et al. hanno valutato l'efficacia dello sbiancamento eseguito con perossido di idrogeno al 35% laser attivato rispetto a due protocolli utilizzanti il perossido di carbammide in concentrazioni differenti (10% e 20%). Il gruppo “controllo” non ha ricevuto alcun trattamento sbiancante. Il gruppo “controllo” non ha dimostrato una variazione cromatica significativa nel tempo. Il gruppo “laser” non ha mostrato differenze statisticamente significative nel risultato rispetto al gruppo controllo. La differenza di colore rilevata nei gruppi in cui lo sbiancamento è stato eseguito con perossido di carbammide al 10% ed al 20% è risultata statisticamente significativa rispetto al gruppo “controllo”. Essi concludono asserendo che il trattamento sbiancante eseguito con perossido di carbammide al 20% ha prodotto il più evidente cambiamento del colore. Inoltre, l’applicazione in un’unica seduta di perossido di idrogeno al 35% attivato con il laser non ha prodotto alcun cambiamento di colore percettibile. Luk et al. hanno confrontato protocolli di sbiancamento differenti, caratterizzati da combinazioni diverse di perossidi sbiancanti (perossido di idrogeno al 35% e perossido di carbammide al 10%) e sorgenti di luce (luce alogena fotopolimerizzante; luce ad infrarossi; laser ad argon; laser CO2) valutandone l’efficacia dello sbiancamento e le variazioni di temperatura indotte. Le variazioni cromatiche sono state valutate immediatamente, un giorno ed una settimana dopo il trattamento con una scala cromatica per cromaticità e valore, ed un analizzatore elettronico del colore dentale (spettrofotometro). Le temperature di superficie dello smalto esterno e della dentina interna sono state monitorate utilizzando un termometro a termocoppie prima ed immediatamente dopo ogni applicazione di 30 secondi della luce. I risultati hanno dimostrato che le variazioni di temperatura e colore sono significativamente influenzate dall’interazione tra agente sbiancante e le variabili luminose. La fotoattivazione ha migliorato significativamente l'efficacia di alcuni agenti sbiancanti, determinando nel contempo un aumento significativo della temperatura delle superfici dentali esterne ed interne. La luce ad infrarossi e le luci laser CO2 hanno indotto i maggiori aumenti di temperatura del dente. Wetter et al. hanno indagato in vitro l’efficacia nello sbiancamento della fotoattivazione con LED e dell’irradiazione con laser a diodi associate all’utilizzo di due diversi agenti sbiancanti, Opalescence X-tra e HP Whiteness. Sulla base dei risultati ottenuti, sono state registrate differenze statisticamente significative nel valore del croma tra i due agenti sbiancanti e le due diverse sorgenti luminose. L’associazione “Laser - HP Whiteness” ha mostrato risultati significativamente migliori rispetto ai protocolli in cui lo stesso agente sbiancante è stato utilizzato da solo o in combinazione con luce LED. Dostalova et al. hanno valutato l'efficacia sbiancante del perossido di idrogeno al 38% in combinazione con due laser a diodi (lunghezza d'onda: 970 nm), con un laser a diodi infrarossi (lunghezza d'onda di 790 nm) e con otto diodi ad emissione di luce blu (lunghezza d'onda: 467 nm). La superficie dello smalto è stata valutata con il microscopio elettronico a scansione dopo il trattamento sbiancante. I risultati hanno dimostrato che il laser a diodi (lunghezza d'onda: 970 nm) in associazione all'agente sbiancante ha prodotto lo stesso effetto, ma in un tempo più breve, rispetto al processo di sbiancamento non laser-attivato (5 min - 1 W; 2.5 min - 2 W). Il laser a diodi infrarossi (lunghezza d'onda: 790 nm) e gli otto diodi a emissione di luce blu (lunghezza d'onda: 467 nm) in associazione all'agente sbiancante hanno consentito il raggiungimento della tonalità di colore desiderata, anche in questo caso, in un intervallo di tempo più breve (5 min - 40 mW). Le immagini al microscopio elettronico a scansione hanno evidenziato una leggera alterazione della superficie in seguito al processo di sbiancamento. In una revisione sistematica della letteratura, Buchalla and Attin hanno messo in luce come l'attivazione degli agenti sbiancanti con il calore, la luce o laser possa avere un effetto negativo sul tessuto pulpare, inducendo un aumento della temperatura all'interno della polpa, eccedente il valore critico di 5.5 °C. Asseriscono inoltre che gli studi disponibili in letteratura non consentono di formulare un giudizio dirimente sulla possibilità di potenziare o accelerare lo sbiancamento dei denti mediante un’attivazione addizionale dell’agente sbiancante. In uno studio in vitro Zhang et al. hanno analizzato l'efficacia nello sbiancamento dentale, di un diodo ad emissione luminosa (LED), di un laser a diodi, e di un irraggiamento laser KTP attraverso la valutazione del cambiamento di colore e dell'aumento della temperatura nella cavità della polpa indotti dal trattamento, così come della microdurezza dello smalto misurata dopo il trattamento. Gontijo et al. hanno rilevato che l'attivazione con luce laser dell'agente sbiancante non si è dimostrata più efficace dell’attivazione con luce alogena nei denti decidui trattati endodonticamente. Kuzekanani e Walsh hanno evidenziato come lo sbiancamento in studio eseguito con fotoattivazione mediante luce laser KTP fotodinamica produca un miglioramento clinicamente significativo nel colore del dente in denti con dicromia da tetracicline. Strobl et al. hanno dimostrato come l'attivazione addizionale dell’agente sbiancante con laser Nd: YAG non produca alcuna influenza significativa sull’efficacia dello sbiancamento. In uno studio clinico, Gurgan et al. hanno valutato l'efficacia di sistemi per lo sbiancamento in studio utilizzati in associazione a differenti sorgenti luminose per lo sbiancamento dentale sottolineando che, lo sbiancamento dentale fotoattivato con laser a diodi sia da preferire tra i sistemi di sbiancamento in studio in virtù di una minore sensibilità dentale e gengivale ad esso associate. Il grado di interazione dell’energia “laser” con i tessuti è definito da due variabili dipendenti: la lunghezza d'onda specifica di emissione della luce laser e le caratteristiche ottiche specifiche del tessuto bersaglio. Queste variabili determinano l’assorbimento (cioè, la capacità di influenzare i cambiamenti tissutali, produzione di calore, etc) e sono importanti per la sicurezza del tessuto pulpare. Il clinico controlla quattro parametri durante il funzionamento del laser: a) il livello di potenza applicata (densità di potenza); b) l'energia totale liberata su una determinata superficie (densità di energia); c) il tasso e la durata dell'esposizione (ripetizione degli impulsi); d) le modalità di liberazione dell’ energia sul tessuto bersaglio (l'energia continua o ad impulsi ed il contatto diretto o l’assenza di contatto con il tessuto bersaglio). Le risposte della polpa all’applicazione del laser sono state adeguatamente descritte. Baik et al. hanno indagato l'incidenza della presenza, dell’assenza, e dell'invecchiamento di un composto (colorante) aggiunto al gel sbiancante, capace di implementare l’aumento della temperatura, sull'incremento di temperatura del gel stesso e sull’aumento di temperatura indotto all'interno della camera pulpare, allorquando in vitro un dente viene esposto a diverse unità foto-polimerizzanti. I risultati hanno dimostrato che, quando è stato utilizzato un agente sbiancante contenente colorante fresco, la luce all’arco-plasma (PAC) ha indotto un aumento della temperatura dell’agente sbiancante a 39,3 °C al di sopra del “base-line”. Senza coloranti aggiunti, l'aumento di temperatura è risultato di 37,1 °C. Le luci alogene al quarzo tungsteno (QTH) in modalità “sbiancamento” hanno prodotto un aumento della temperatura gel di 24,8 º C al di sopra del baseline, mentre l'aumento della temperatura è stata solo di 11,5 ° C quando nessun colorante è stato utilizzato. Le luci alogene convenzionali QTH hanno determinato un aumento della temperatura dell’agente sbiancante con colorante fresco di 17,7 º C, mentre è stato registrato un aumento di soli 11,1 °C in assenza di colorante. Il laser ad argon ionizzato ha prodotto aumenti della temperatura equivalenti, di circa 9,4 °C, indipendentemente dalla presenza o freschezza del colorante. Le temperature intrapulpari sono risultate tutte sensibilmente inferiori a quelle registrate nel gel sbiancante ed in un intervallo di variazione tra 5 °C e 8 °C. In conclusione, la presenza di colorante fresco nel gel sbiancante si è tradotta in un significativo aumento della temperatura intrapulpare, approssimativamente di 1°C oltre quello registrato in seguito all’ esposizione del gel alle diverse sorgenti luminose. La luce all’arco-plasma (PAC) e la luce alogena QTH utilizzate in modalità “sbiancamento” hanno indotto un aumento della temperatura intrapulpare maggiore rispetto al “laser”. Luk et al.hanno dimostrato che la luce del laser CO2 induce significativi aumenti di temperatura sulle superfici dentali esterne ed interne. Eldeniz et al. hanno misurato l’aumento temperatura intrapulpare indotto da due tipi di gel sbiancante in seguito all’esposizione in vitro del dente a diverse unità foto-attivanti ed ad un laser a diodi. I risultati hanno dimostrato che il laser a diodi ha indotto incrementi della temperatura significativamente più alti rispetto a qualsiasi altra sorgente luminosa foto-attivante (11,7 °C). Sulieman et al. hanno misurato in vitro gli incrementi di temperatura sviluppati sulla superficie ed all'interno della polpa di denti anteriori mascellari e mandibolari durante le procedure di sbiancamento. Una termocoppia è stata utilizzata per misurare l'incremento della temperatura sulla superficie di un dente incisivo centrale superiore estratto. Le letture della temperatura intra-pulpare sono state eseguite su incisivi centrali e laterali, e canini superiori ed inferiori. Sono state testate quattro lampade consigliate per lo sbiancamento dei denti: una lampada ad arco al plasma, una lampada alogena allo xeno, una lampada alogena standard e una lampada laser a diodi. Le misurazioni della temperatura sono state eseguite con e senza l'agente sbiancante presente sulla superficie vestibolare del dente. I risultati hanno evidenziato che le letture dell'aumento della temperatura superficiale variavano da 0,44 º C (Luma Arch) a 86,3 º C (laser) in assenza del gel sbiancante. Gli aumenti della temperatura intra-pulpare variavano da 0,30 º C a 15,96 °C. La presenza del gel sbiancante ha ridotto gli aumenti di temperatura registrati sulla superficie del dente ed all’interno della polpa. Coutinho et al. hanno valutato l'aumento della temperatura della polpa dentale indotto da differenti sorgenti luminose, impiegate nel protocollo dello sbiancamento dentale. Sono stati utilizzati denti incisivi, canini e premolari umani. Un gel sbiancante composto di perossido di idrogeno al 35% v / v, ed un agente condensante, sono stati applicati sulla superficie vestibolare di ogni dente. Il gel sbiancante è stato attivato da cinque differenti sorgenti luminose: lampada alogena fotopolimerizzante con filtro blu passante (HL) (600 mW, lambda = 430-480 nm), diodi emittenti luce blu (LED) (BL) (1 W, lambda = 470 nm), LED blu associati ad un laser a diodi infrarossi (BL IL +) (120 mW, lambda = 795 nm ), diodi emittenti luce verde (LED) (GL) (600 mW, lambda = 530 nm), LED verdi associati ad un laser a diodi infrarossi (GL IL +) (120 mW, lambda = 795 nm), con sorgente accesa per un tempo di esposizione di 1 min ed un tempo successivo di riposo di 30 s (ciclo ripetuto tre volte). La temperatura è stata misurata all'inizio e alla fine dell'esposizione con un termometro digitale (termocoppia tipo K), posto all'interno della camera pulpare. Analizzando la variazione media della temperatura che si verifica durante il tempo di irraggiamento, abbiamo scoperto che i gruppi BL e BL + IL hanno presentato le variazioni di temperatura più elevate, soprattutto nel dente incisivo. I gruppi GL e GL + IL hanno presentato l'aumento di temperatura più basso. La variazione di temperatura massima raggiunta è stata di 5.5 °C per il gruppo BL + IL nel dente incisivo. Il gruppo HL ha mostrato una variazione di temperatura inferiore al gruppo BL, ma presentava una temperatura residua, quando la luce era spenta. I GL ed i GL + IL hanno promosso un aumento di temperatura non significativo, non superiore ad 1 °C, anche con potenza massima pari a quella della HL. Torres et al.hanno valutato la temperatura della camera pulpare in differenti gruppi di denti umani (incisivi centrali mascellari, incisivi inferiori, canini mandibolari e canini mascellari) sottoposti a trattamento sbiancante con gel al perossido di idrogeno attivato con lampade alogene o sorgenti ibride LED / laser constatando che il valori medi della temperatura (+ / - DS) sono risultati maggiori negli incisivi centrali mascellari e minori nei canini mandibolari. La sorgente lampada alogena ha prodotto un aumento della temperatura nella camera pulpare maggiore di quello prodotto dalla sorgente LED / laser. Caviedes-Bucheli et al. hanno riscontrato che i sistemi per sbiancamento dentale luce e laser-attivati accrescono l’ espressione del neuropeptide sostanza P nella polpa dentale umana sino a valori significativamente maggiori dei valori normali. Carrasco et al. hanno studiato in vitro l’aumento della temperatura della camera pulpare indotto dalla tecnica dello sbiancamento dentale foto-attivato utilizzando diverse sorgenti luminose: un sistema diodo ad emissione di luce(LED)/ laser, una sorgente LED ed una luce alogena convenzionale. In accordo con i loro risultati, l’ aumento della temperatura varierebbe in modo significativo in funzione delle sorgenti luminose utilizzate, con differenze statisticamente significative (p <0,01) tra i gruppi. Quando l'agente sbiancante non è stato applicato, la luce alogena ha determinato l'aumento di temperatura maggiore (2,38 + /- 0,66 °C). L'unità LED ha indotto l'aumento di temperatura minore (0,29 + / -0,13 °C); non è stata evidanziata alcuna significatività statistica nella differenza tra l’unità LED ed il sistema LED-laser (0,35 + / -0,15 °C) (p > 0,01). Quando l'agente sbiancante è stato applicato, sono state registrate differenze statisticamente significative tra i gruppi (p <0,01): la luce alogena ha indotto l'aumento di temperatura più alto (1,41 + / -0,64 ° C) ed il sistema LED-laser il più basso (0,33 +/- 0,12 °C); tuttavia, non vi era alcuna differenza tra il sistema LED-laser e l’unità LED (0,44 +/- 0,11 °C). I sistemi LED e LED-laser non hanno mostrato alcuna differenza significativa tra loro, in quanto indipendentemente dal tipo di foto-attivazione l'aumento di temperatura si è verificato con o senza applicazione dell’agente sbiancante. Si può concludere che, durante lo sbiancamento dentale fotoattivato, con o senza l'agente sbiancante, la luce alogena ha prodotto un aumento della temperatura nella camera pulpare maggiore rispetto all’unità LED ed al sistema LED-laser. Le unità foto-attivanti testate hanno comunque prodotto aumenti della temperatura interna della camera pulpare compatibili con lo stato di salute della polpa. Entro i limiti delle condizioni sperimentali, le risposte della polpa dentale alla stimolazione con il laser includono un’alterazione della presenza e posizione dei nuclei odontoblastici, la distruzione degli odontoblasti ed una modificazione della consistenza e composizione della matrice intercellulare. La valore soglia di risposta per le reazioni pulpari attraverso lo smalto e la dentina corrisponderebbe a densità di energia leggermente inferiori ai 60 J/cm2, sebbene lo spessore residuo rappresenti una variabile determinante. L'utilizzo di uno “spray” aria-acqua costituisce efficace presidio nel contenere gli aumenti della temperatura pulpare laser-indotti. Un altro approccio è rappresentato dallo sviluppo di sistemi laser ad impulsi estremamente brevi (cioè, impulsi all’ordine dei nanosecondi o picosecondi) capaci di consentire il dissiparsi del calore dal sito di irradiazione, prima dell’ impatto del secondo impulso con il tessuto. I laser ad eccimeri che operano nel campo dell’ultravioletto con brevi (15 nanosecondi ) impulsi consentono di ridurre al minimo il trasferimento di calore rispetto ai lasers di precedente sviluppo. White et al. hanno proposto l’utilizzo del microscopio confocale laser (CLSM) al pari di tecniche al microscopio elettronico a scansione a pressione ambientale variabile (VP-SEM) al fine di esaminare gli effetti dello sbiancamento in vitro sullo smalto e sulla dentina: i denti sbiancati non hanno evidenziato variazioni micromorfologiche significative associate al processo di sbiancamento nella struttura smaltea al di sotto dello strato superficiale, alla giunzione smalto-dentinale e nelle aree di dentina. Inoltre, le osservazioni al VP-SEM allo stesso modo non hanno evidenziato alterazioni superficiali significative in seguito al trattamento. In un altro studio, essi hanno utilizzato la durezza superficiale e tecniche al CLSM per caratterizzare gli effetti dello sbiancamento sulle proprietà fisiche e sull’ultrastruttura dei denti. Le misurazioni eseguite della durezza superficiale non hanno tradito alcuna diminuzione associata allo sbiancamento dei denti. Le misurazioni al CLSM inoltre non hanno evidenziato alterazioni indotte dai trattamenti sbiancanti sulla struttura di superficie o sull’architettura dei prismi smaltei al di sotto della strato superficiale. Quest’ultimo dato è estremamente significativo se paragonato alle alterazioni significative evidenziate in associazione a livelli anche moderati di demineralizzazione, riscontrabili con il processo della carie. Cesar et al. hanno valutato gli effetti in vitro di due prodotti sbiancanti concepiti per essere utilizzati con luci alogena o laser ad argon. Venti terzi molari umani inclusi sono stati sezionati in quattro parti risultanti in un totale di 75 campioni utili. I campioni sono stati suddivisi a caso in cinque gruppi e sottoposti ad un trattamento sbiancante tradizionale per lo smalto. Il gruppo C è stato identificato come gruppo di controllo. Il gruppo 37L è stato sottoposto a trattamento sbiancante con una soluzione di perossido di carbammide al 37% ed irraggiamento addizionale con laser ad argon (488 nm). La stessa soluzione è stata utilizzata nel gruppo 37H,ma lo sbiancamento in questo gruppo è stato condotto con esposizione contemporanea ad una luce alogena. Il perossido di carbammide al 35% è stato utilizzato nei gruppi 35L e 35H. Il primo gruppo è stato trattato come il gruppo 37L mentre il secondo come il gruppo 37H. I campioni sono stati analizzati per la durezza Vickers e anche per la fotoriflessione. I risultati hanno mostrato che il gruppo 37L ha riportato spettri più bianchi rispetto al gruppo 37H. Tuttavia, i gruppi 35L e 35H hanno mostrato risultati simili. Confrontando entrambi i prodotti sbiancanti, il perossido di carbamide al 35% è risultato più efficace come agente sbiancante rispetto alla formulazione del 37%. Inoltre, nessuna differenza significativa è stata rilevata nella durezza Vickers in seguito al trattamento tra i due prodotti sbiancanti. Pobbe Pde et al. hanno valutato la resistenza alla frattura del dente trattato endodonticamente sottoposto al trattamento sbiancante con perossido di idrogeno al 38% attivato da un sistema LED-laser. I risultati hanno dimostrato che la resistenza alla frattura del dente trattato endodonticamente si riduce dopo due sedute di sbiancamento con perossido di idrogeno al 38% foto-attivato da un sistema LED-laser. Marcondes et al. hanno valutato l'influenza dello sbiancamento eseguito con fotoattivazione laser Nd: YAG sulle proprietà fisiche e meccaniche dello smalto dentale. I risultati hanno evidenziato come il laser Nd: YAG associato al perossido di idrogeno consenta lo sbiancamento dello smalto, con il raggiungimento di una tinta simile a quella ottenibile con il metodo tradizionale condotto associato a fotoattivazione con luce alogena. Inoltre, la microdurezza Vickers e i valori di adesione riscontrabili non sono risultati compromessi rispetto a quelli dello smalto non sottoposto a trattamento sbiancante.